About › Forums › COVID-19 forum › Come cambiano le pratiche di accoglienza delle donne durante il COVID-19?
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Andrea Bebbu.
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Massimiliano Filoni
GuestDomanda introduttiva:
Come cambiano le pratiche di accoglienza delle donne che subiscono violenza al tempo del COVID-19? Come cambia la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne?
Vorremmo aprire un confronto on-line sulle pratiche messe in atto e la metodologia applicata nella relazione di aiuto durante l’epidemia COVID-19 in Europa.
Come si stanno muovendo i vari centri antiviolenza e operatori del settore?RIFLESSIONI DEL GRUPPO DEI MOLTIPLICATORI del Progetto VIVIEN, Parma, Italia.
SUL TEMA DELLA VIOLENZA ALLE DONNE ED INDICAZIONI DI ACAV SULLA METODOLOGIA APPLICATA NELLE RELAZIONI DI AIUTO IN TEMPO COVID-19Premessa.
La violenza sulle donne sta dilagando, dover rimanere chiusi in casa non fa che aumentare i problemi e non abbiamo esperienze simili nel passato a cui attingere, quindi dobbiamo trovare soluzioni sperimentandole e modificandole all’occorrenza.
Quelle che seguono sono le prime reazioni messe in atto da ACAV e passibili di modifiche in base all’evoluzione della situazione emergenzialeStrategie messe in atto a livello generale.
1) Mantenimento della rete e della risposta coerente alla situazione di rischio.
2) Mantenimento del principio di auto-determinazione della donna anche in questa fase di emergenza.
3) ACAV ha avviato una campagna informativa sui social (da condividere sui social personali o istituzionali) per chiarire come comportarsi nella nuova situazione emergenziale: tante donne all’inizio non sapevano come contattare il Centro Antiviolenza quindi abbiamo indicato i modi per farlo, tra cui Facebook, i tempi di risposta e gli orari in cui si può avere un contatto urgente.. Abbiamo provato a dare suggerimenti su modalità più sicure di vivere la convivenza forzata: per esempio provare a stare in stanze separate nella maggior parte del tempo, telefonare mentre lui va a fare la spesa o mentre è fuori casa, evitare di chiamare di nascosto con lui nelle vicinanze perchè essere scoperte potrebbe essere rischioso per la propria incolumità, ecc. Se però la tensione in casa è crescente e la donna teme per se stessa e i/le propri/e figli/e, l’indicazione è prendere contatti con le forze dell’ordine nella prima occasione in cui la donna riesce ad essere sola, a costo di scappare in strada chiedendo aiuto. La percezione del rischio non va sottovalutata
Suggeriamo alle donne di evitare le chat su Facebook, Whatsapp e Instagram perché non sono sicuri, lasciano traccia e hanno un accesso remoto fruibile magari dal maltrattante.
Abbiamo cercato anche di fare comunicazione chiara e sintetica, perché possano cogliere una immagine con indicazioni utili, anche nei tempi brevi che a volte hanno a casa.
4) Sostegno alle famiglie come Servizio Sociale, per ridurre le tensioni e le cause di stress aiutando sia materialmente (sostegno all’educazione dei bambini e ai compiti, buoni spesa e altri sostegni, dando dispositivi di sicurezza, ecc.) che organizzativamente (uso di mediatori culturali, educatori in supporto educativo a distanza, ecc.) sia monitorando le situazioni con più frequenza e continuità e dando indicazioni precise che comunichino sicurezza.Per quanto riguarda la struttura dei colloqui con le donne che subiscono violenza/sopravvissute alla violenza, ACAV ha fatto una riflessione partendo dall’osservare che in questo momento di emergenza COVID-19 viviamo tutti in un allarme costante, le restrizioni generano impotenza e vulnerabilità, ma anche istinto a fuggire, perdita di controllo, fino a comportamenti estremi come da animali chiusi in gabbia. Quindi distinguere le diverse ed individuali risposte messe in atto è importante per poter fronteggiare poi la relazione di aiuto.
Ci sono 3 risposte tipo del cervello allo stress:
1) l’immobilizzazione-paralisi
2) la mobilizzazione (attacco e fuga)
3) l’ingaggio sociale.
La prima è la risposta più antica, che si attua quando la persona vede un pericolo estremo, allora ci blocchiamo, o sentendoci come una bomba pronta a esplodere oppure con lo svuotamento di energia e il blocco dell’azione.
La seconda è la reazione più comune: ci attiviamo di fronte a un pericolo collettivo, quindi con risposte mobili come l’attacco e la fuga; l’attacco può tradursi in aumento del bisogno di controllo, irritabilità, rabbia eccessiva; la fuga può tradursi in fuggire da casa o aumentato bisogno di muoversi.
Infine l’ingaggio sociale; è la risposta più evoluta: consiste nel creare uno stato di sicurezza e connessione con gli altri e col contesto, cosa che oggi sta mancando perché manca la comunicazione con gli altri e questo ci dà senso di dispersione. Per questo anche mantenere la relazione vedendosi in video è importante.
Il nostro sistema nervoso è in stato di allarme costante e si difende come può, quindi ci siamo chieste come possiamo continuare una relazione di aiuto che è caratterizzata dal faccia a faccia e da empatia, dalla comunicazione non verbale, quando questi aspetti non ci sono.
Sulla base di queste analisi ecco la pratica nell’accoglienza della donna:
1) Non essere noi per prime in agitazione e stress: ci siamo fatte uno screening di come funzioniamo sotto stress individualmente.
2) Riduzione e cambiamento degli obiettivi della relazione di aiuto: il nostro obiettivo principale è ora preservare la relazione donna-operatrice, prima di tornare al protocollo faccia a faccia. Vogliamo generare stabilizzazione per prevenire il deterioramento della relazione di aiuto e prevenire stati emotivi della donna che possono portare anche a pensieri suicidiari o autoautolesivi.
3) Strutturare con ogni donna percorsi specifici di supporto alle crisi, ma anche monitoraggio della sicurezza con la continua valutazione del rischio. Prepariamo un piano preciso con le donne, con frequenza di contatto, tempi… con alcune facciamo telefonate di 40-60’, con altre facciamo dei brevi check o colloqui ridotti, a seconda delle esigenze e delle possibilità.
4) Comprendere e aiutare la donna a comprendere come stiamo funzionando, quindi importante comunicarsi le aspettative e le pulsioni ed energie interne, per trovare strategie di gestione dello stress più evolute.
5) Esplicitare la possibilità di fraintendimenti: i malintesi sono più comuni via telefono e internet, quindi noi discutiamo con la donna di questa possibilità nelle prime fasi, per aiutarsi a comprendersi meglio, anche facendo domande ripetute di chiarimento.
6) L’ascolto attivo è triplicato, quindi attenzione, parafrasare quel che dice l’altro e quando la domanda è confusa, le emozioni in grande movimento, cerchiamo di ristabilire una tranquillità maggiore.
7) Maggiore attenzione nei colloqui quando usiamo la tecnologia (cellulare, video-conferenze…) perché una distrazione può rompere un equilibrio, perché se non vediamo la faccia dell’altro non abbiamo un chiaro feedback di come reagisce; la sfida è riuscire a costruire la fiducia senza avere gli occhi della persona. Cerchiamo di essere attente a mostrare bene il volto, una certa vicinanza, mostrare gli occhi e usare il non-verbale per far sentire vicini.
8) Creare sicurezza nelle chiamate: usando parole in codice per segnalare la presenza dell’uomo; chiedendo alla donna di registrarci sul telefono con un nome inventato e non come Centro Antiviolenza.
9) Creare spazi di tranquillità per la donna: diamo indicazione di tenere un elenco di pratiche auto lenitive e confortanti, perché è importante trovare la calma ora, nella propria casa. Trovare una stanza dove stare tranquilla, un luogo sicuro dove sperimentare i sentimenti di tranquillità, suggeriamo siti di yoga, Mindfulness, ecc. dove fare esercitazioni quando senti che le emozioni ti stanno sovrastando.
10) Dobbiamo usare bene la voce: quando la donna è sovraccarica di emozioni e confusa, prendiamo in mano la situazione e facciamo in modo che seguano alcuni accorgimenti per stabilizzarsi, spostando l’attenzione su cosa vedono, cosa sentono…
11) Continuiamo a lavorare sulle loro risorse interiori, scoprendo che sono capaci, ad esempio “lui esce ma io sto vicino ai bambini e li aiuto nei compiti.”
12) Non dare nulla per scontato, per esempio assicurando che la rete c’è e le FF.OO. sono pronte come sempre, non sono bloccate dal virus.Incontro dei moltiplicatori, Italia, 28 Aprile 2020.
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Roberto
GuestCredo che le indicazioni pratiche suggeite siano molto utili e replicabili.
Come detto anche da ACAV sono ini via sperimentale e necessitano di continui aggiustamenti man mano che evolve la situazione.
Il gruppo dei moltiplicatori le ha ampiamente apprezzate nell’incontro Meet del 28 aprile. -
Andrea Bebbu
GuestInnanzitutto è davvero interessante quanto letto sinora. Sono rimasto colpito da questo tema già in relazione a vari avvenimenti,che hanno avuto un finale tragico in questo tempo di isolamento,che ha isolato alle volte anche notizie di questo tipo passate alle volte in secondo piano,a causa del Covid.
Di sicuro i mezzi sono parecchi fra quelli indicati,ma non basta perché il rapporto umano con un’operatrice è fondamentale.
La politica può far tanto,se funziona. Vi faccio un esempio,in Sardegna, ad Olbia durante un consiglio comunale una consigliera di minoranza era assente durante il consiglio comunale in diretta video ed una della maggioranza ha commentato se la stessa fosse con le prostitute in una via della città. La consigliera di minoranza non era presente perché era andata ad assistere una donna vittima di violenza non assente per piacere personale. Ecco,la consigliera di minoranza è la Presidente di un’importante centro antiviolenza della città gallurese,che ha salvato in questi anni tantissime donne. Ecco se chi fa politica attacca ingiustamente e senza motivo chi davvero si impegna per un bene così grande non merita di sedere in quei banchi. La cosa ancor più grave è sentire che certe parole escano dalla bocca di una donna rivolta ad un’altra donna. Quindi se anche chi fa politica assume tali atteggiamenti poi cosa si sviluppa nella società?
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